Per questo i vertici dell’esercito volevano costruire un fronte difensivo un po’ più a sud (…) proprio sulla linea di Civitella e San Pancrazio. Questo era stato il vero motivo dell’ “azione contro le bande”: la regione doveva essere liberata in modo che i militari potessero operare meglio. Che poi i ribelli avessero ucciso il motociclista della Feldgendarmerie sulla strada di Bucine e i tre paracadutisti nel dopolavoro di Civitella, tanto meglio, sarebbe stata una buona scusa per giustificare un’azione più ampia possibile.

Con queste parole la giornalista Christiane Kohl affida alle pagine del suo romanzo Villa Paradiso la spiegazione, razionale nella mente del capo della Feldgendarmerie Kapp, del massacro di Civitella, Cornia e San Pancrazio in cui persero la vita più di duecento persone. Il romanzo della Kohl è particolarmente interessante per la ricostruzione puntuale dei fatti condotta dall’autrice, per la paziente indagine che ne ha preceduto la stesura e per la fedeltà ai luoghi e ai nomi dei personaggi che la Kohl ha voluto riportare nella vicenda narrata con lo stesso ruolo che svolsero nella realtà, lasciando una documentazione attendibile, anche se realizzata sotto forma romanzata. Tale documentazione non a caso è stata più volte utilizzata dagli inquirenti delle Procure di Dortmund e di La Spezia negli interrogatori di imputati e testimoni durante il processo avviato dopo che, nel 1994, fu finalmente aperto l’Armadio della Vergogna e i 695 fascicoli riguardanti le stragi nazifasciste vennero inviati alle Procure Militari competenti, dopo essere stati analizzati da una Commissione Parlamentare di Indagine.
Per meglio comprendere la vicenda che doveva fare da sfondo al suo romanzo, Christiane Kohl condusse numerose e minuziose interviste ai soldati e agli ufficiali che avevano fatto parte del Corpo musicale della ‘Hermann Goering’, artefice del massacro del 29 giugno, contattando, nei casi in cui il militare fosse deceduto, la moglie o un altro parente disposto a rilasciare una testimonianza o in certi casi a fornire anche fotografie; gli appunti della giornalista tedesca figurano oggi in un fascicolo conservato nell’Archivio ‘San Pancrazio’ del Comune di Bucine che racchiude la documentazione del processo ai responsabili della strage avviato presso la Procura Militare di La Spezia.
La vicenda giudiziaria precedente è oramai abbastanza nota; sospese le indagini in Italia durante gli anni sessanta del ‘900, solo le Procure tedesche continuarono a ricercare e a interrogare i presunti colpevoli o comunque i membri dei reggimenti presenti nei luoghi dove erano avvenuti degli eccidi, senza però approdare, nella maggioranza dei casi, ad alcuna condanna, tanto che negli anni settanta ogni indagine venne archiviata. Con il 2000, la documentazione raccolta confluì in gran parte nel Bundesarchiv di Friburgo e fu resa disponibile agli storici, fornendo loro materiali interessantissimi su cui lavorare.
L’attività svolta dagli inquirenti di La Spezia ha infine permesso di riunire tutta la ricchissima documentazione raccolta negli anni sui massacri consumati in provincia di Arezzo, aggiungendo nuovi materiali ai risultati delle precedenti inchieste; nel suo complesso la documentazione processuale si è quindi rivelata fondamentale per fare definitivamente luce su quanto avvenuto nell’estate del ’44. Tra gli altri materiali, vi troviamo gli esiti della prima inchiesta sulle stragi condotta tra il novembre del ’44 e l’aprile del ’45 dal SIB, contenente le testimonianze raccolte tra la popolazione superstite subito dopo gli eccidi e le numerose fotografie e i filmati realizzati dai fotografi britannici.
Questo prezioso materiale, unito a numerosi documenti prodotti dalle Procure di Dortmund e di La Spezia negli anni 2000, è a disposizione degli studiosi presso l’Archivio di Bucine.